“ho conseguito l’impero di una mansarda”
Fernando Pessoa
senza più voglia di commettere
lo strascico ancora non si ammutìna.
al vaglio non ci sta la fossa piena
né l’idolo del natale senza occaso.
la conca del viottolo trovi paradiso
sotto le ghiande delle querce.
*
non giunto né al suolo né all’aria
il crisantemo del boia.
la specola della fronte
non basta da vedetta
contro tutti i proiettili.
da ieri le dune delle maternità
riposano sapienti, sanno il tempo
di boa, l’arsa scarsella segnata
dall’arringa dell’accusa senza brace.
*
con la gola consunta la summa ad anello
questo steccato d’ascia
scarlatto sul mattino di meriggio
ridda di veto dacia senza cibo.
marina la merenda in riva alla scadenza
all’arma del comignolo che attracca
cammino del piede di cemento.
minore di me non è possibile
se non in morte di cane gemello
alle fortune che tutte lo sfanno
smilzo, zona di mattanza, tetto
che sfonda con la paglia:
non utili i falò fatti forse per pietà.
*
clandestino sul petto della madre
foro di padre senza luna
chiede adesso un angolo di pane
un necessario gusto contro il muro
di dèi sopportati…
rise il dialetto bello appena ieri rise
quando l’agosto si trascorreva sul tetto
delle cialde del sole, cialde.
démodé al bar della corsia
paga minuti centesimali
mali minutissimi assassini
grida e sgrida nel decesso dello spazio.
*
pianga il bivacco l’erta di disperdersi
alla conserva inerte al senza bello.
ha da far partire un trillo di stambecco
credulone ancora di poter scelta
tra un ciottolo e l’altro e un protocollo.
ha da far partire un’erta di ristagno
una faccenda scialba dattero e deserto.
scomposto l’abituro comignolo di coma
accenni un ritornello per tutti quanti
i martoriati gruzzoli di nebbia…