La letteratura mette in opera una teoria della frase. […] Nuove frasi operano soltanto su ciò che dicono e contengono in sé il proprio passato. […] Le frasi della letteratura non sono descrittive, sono instauratrici.
La letteratura inventa il passato delle frasi.
L’oggetto letterario è la frase. [… ] Poiché la letteratura inventa le sue frasi, ha luogo nella frase.
Ogni frase è musicale. Eppure l’imitazione della musica sonora resta secondaria. […] La frase instaura un ritmo che le è proprio, ma che non è riducibile alla sua costruzione: una sintassi più ricca della sua grammatica. […] Così intesa, la sintassi è ben più dello scheletro della frase, è il suo sistema circolatorio: quel che c’è di ritmico nel senso.
La poesia è lo spazio critico dell’invenzione di frasi. […] La letteratura può essere definita attraverso l’inquietudine della sintassi.
La frase mette in ritmo una forza. Né l’origine né la natura di questa forza interessano alla letteratura. Questa forza la interessa solo nella misura in cui essa si orienta verso il proferimento. […] Per voler dire qualcosa, si deve disporre della frase in cui si articola questa volontà in cui questa cosa è nominata.
Instaurando la misura ogni frase diviene la propria unità di misura.
Le frasi, prima di tutto, si distinguono o attraverso il dispositivo ritmico, o attraverso la misura nei suoi diversi aspetti. Ricadendo, lo slancio del proferimento prende dapprincipio una certa piega, precipita in una curva. Nell’ironia lo slancio si capovolge, nell’ellisse si interrompe, nel paradosso diverge, nella correzione si riprende, nella concessione cala ecc. Queste curve non possono in nessun modo essere al di fuori della frase, e neppure si formano prima di questa.
La frase mette in ritmo le cose. È un’esperienza. Tutto ciò che viene chiamato “esperienza” suppone successione e gerarchia — cioè ritmo e sintassi. Fare un’esperienza, portarla a termine, è dirla. La frase fornisce la forma sintattica che definisce l’esperienza, e in questo modo la fa.
Ogni minima cellula ritmica si trova presa in un gioco di contrasti, di anticipazioni, di richiami. Queste relazioni interne, che fanno il ritmo della frase, non distaccano la parola dalla cosa, non intaccano il riferimento. (Le frasi della letteratura sono calchi sulla carta referenziale: non ne modificano i punti, ma ne fanno una selezione per tracciare linee ritmiche.) Eppure, questo ritmo sintattico, mettendo in gioco il riferimento, gli impone una tale tensione che le cose si sollevano leggermente, si staccano leggermente dal proprio luogo, a loro volta trasportate. La tranquilla presenza in cui s’insediano, oggetto di una certezza che fa dimenticare la contingenza della loro apparizione, viene provvisoriamente sospesa. La sintassi rianima le cellule ritmiche elementari. La frase fa scintillare il riferimento, creando così un’oscillazione nelle cose. (Il trasporto delle cose attraverso il linguaggio non è metaforico). Ma questa assenza di gravità dura solo il tempo della frase. Il riferimento assicura l’ancoraggio delle parole alle cose nel loro luogo proprio. Sollevatesi leggermente, queste ultime non possono che ricadere, ritrovando il calmo soggiornare in cui l’abituale percezione le riconosce. La frase sarà stata per se stessa la possibilità di un breve soprassalto.
Un pensiero è una frase possibile. Una frase deve alla sintassi tanto il ritmo che la trascina quanto quello del riferimento per mezzo del quale essa trascina le cose. […] Pensare significa: cercare una frase.
(L’invenzione è solo in apparenza circolare: piuttosto, una spirale alla cui periferia sta la memoria anonima del linguaggio e al centro la forma definitiva della frase).
Si dà letteratura quando l’evidenza della necessità della frase l’ha vinta sulla comprensione, l’evidenza del suo senso.
La letteratura è pensiero puro, cioè libero. […] Una frase dice delle cose e non ha nessun bisogno di imitarle: le nomina. Una frase dice un pensiero e non ha nessun bisogno di rappresentarlo: fissa la forma sintattica di cui questo pensiero fu la ricerca. […] Il solo scopo della letteratura è inventare nuove forme sintattiche, nuove messe in ritmo: estendere il linguaggio.
La chiarezza è l’eleganza di una forma sintattica, come quando in matematica si parla dell’eleganza di una dimostrazione. […] La chiarezza è la giustificazione dell’invenzione di frasi nell’economia del linguaggio.
Un testo è ben più di una lunga frase o di una grande forma, poiché, nel concatenamento delle sue frasi, il suo idioma si mostra sempre capace di produrre altri concatenamenti e altre frasi.
La coerenza poetica è superiore — in quanto libera — a quella del racconto, del ragionamento e del discorso in generale; essa è strettamente testuale.
La voce in nessun modo precede il testo: prima che un insieme di frasi si sia formato, non esiste.
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(Frammenti liberamente tratti da: Pierre Alferi, Cercare una frase, traduzione di Federico Ferrari, Lanfranchi, 1991.
Immagine: Allen Ruppersberg, Low to High, 1994-96, Margo Leavin Gallery, Los Angeles.)