Gli stessi lineamenti, un particolare ingrandito, uno soltanto, ancor prima di saperlo, solo cornici o montature, tutto parte d’un viaggio, pensato, detto, sognato, quel quadro col pesce d’oro al centro, detto, fatto. Manovre su registri parlati, a tratti, completati, a tratti, fin dal titolo, scritti ancor prima di scriverli. Un oggetto tuttavia eccede come pezzo, come posizione. Parlando di lettere già scritte, corpi tirati a secco. Cosa accade quando un valore si dissolve. Offerta agonistica che specula sul meccanismo e sullo strumento. Poi l’epilogo, uniche straordinarie avanguardie fra le righe interposte al discorso, corpo estraneo di un’altra parola o didascalia. Un ritratto. Domanda che può essere ripetuta. Traccia, grafema, graffio, costretti alla chiacchiera, due pagine unite tra di loro, una parola, un’ultima parola, da a fino a zoo, zu, poi la firma, in calce, dal suolo, dall’abisso, continuare all’infinito. Dislocate, dissociate, disunite, sfalsate, interrompere la struttura, la sua manutenzione. L’autoritratto e una strana manifattura, inganna l’osservatore deviandone per un attimo lo sguardo, la sua inversione. Al culmine del ritardo esibire altro, riprodurre lo sfondo, la scena, una sola volta, un ritaglio, cucito, ricomposto, posseduto da una narrazione dove tutto funziona o comincia a funzionare. Dalla manoscrittura alcune limitazioni al ritmo e alla cancellazione. Descrivere quel che non può bastare.
Valutare l’economia dei mezzi quando si è ancora ingannati da un’altra lingua. Fare finta di non capire. Il fatto di esprimere trame nell’ambito d’una grammatica formale, per quanto adeguatamente rappresentativa, non esenterà dal paradosso che assorbe lo spazio della voce in mezzo ad altre voci, mutazioni. Una teoria del ritratto, la forma, il chiasmo, il colore d’una protesi. La mutilazione si fa aggressiva sulla linea di frattura. Nel culto del ricordo la mano ripiegata, la testa inclinata, le dita a sostegno d’un moto minimo a generare una stasi minima, la cosa in sé, a contatto con ciò che incide. Ci si attiva sui limiti, su linee di struttura, di scontro. Zoo, zu, un’ultima parola, poi. Offerte prive di mondi, di modi. Teoria del ritratto, una sola grammatica, una forma, una didascalia, un testo senza ombra di sé. Il particolare ingrandito di un oggetto eccede l’oggetto stesso. Altro ritratto ancora dove tutto funziona o comincia a funzionare, quasi al suolo, un abisso. Sullo sfondo una scena rappresa in cornici, montature, limiti attivi su linee di struttura, di scontro, meccanismo narrante interposto allo scritto, scritto ancora prima d’esser scritto, meccanismo a contatto di ciò che si incide. Uniche straordinarie avventure. Continuare, ripetere all’infinito, all’epilogo. Traccia o grafema, graffio a completare, fin dal titolo, ciò che si intende rappresentare. Chiaramente tutto questo non basta. Racconto a esecuzione d’un’offerta agonistica, speculare, non proprio un’identità, ritagliato, ricucito, ricomposto, manovrato su diversi registri con o senza margini. Ostinatamente distratti dal fumus verbale di nomi e oggetti esibiti come altro, lettere già scritte, limitazioni di rito, di ritmo, le dita a sostegno d’un moto minimo, d’una stasi minima, la trama in corso, strana manifattura, struttura base di ogni manutenzione. La firma in calce, la mano ripiegata, la forma come un filo a tenere il ritardo di un testo descritto da un’altra lingua, un’altra ancora, come in quel quadro col pesce d’oro al centro. Trattasi dunque di sottrazioni, mutilazioni. Il mutamento e uno soltanto, identico, a strappi, a tratti. Parlare dandosi torto. Gli stessi lineamenti espressioni di manoscrittura inserite fra pagine unite tra loro. Ripetere ogni domanda ripetere dislocare dissociare disunire sfalsare interrompere cucire scucire ricucire un insieme di cui si e solo strumento particolare. Calcolare a parte la trattazione del colore. Impossibile a dirsi, dati due lati su una linea di frattura. Costretti alla chiacchiera coppie di corpi tirati a secco, tirano una riga, un’altra, ancora una volta. Valutare l’economia dei mezzi, dei pezzi della composizione. Opera da esposizione dove l’autore è presente, accade e assorbe lo spazio, anch’esso parte d’un viaggio. Ai margini le note, appunti su protesi aggressive. E se per il fatto d’esprimersi come in altra lingua, ingannandosi ancora, valutando l’economia dei mezzi, delle limitazioni date dal ritmo e dalle cancellazioni, descrivere e mettere in trappola lettere già scritte. Invertire l’orientamento che inganna l’osservatore, come pezzi d’una esposizione, testi da decodificare e manovrare su diversi registri, su oggetti che eccedono la distrazione verbale, nomi, soggetti. Completare fin dal titolo l’insieme delle parole con altri esemplari forniti dagli strumenti di domanda e offerta. Domanda da ripetere come risposta da ripetere: che cosa accade quando un valore si dissolve. Costringersi alla chiacchiera, in ritardo, al culmine del resto da fare. Uniche straordinarie avventure sono le ipotesi su chi ha torto e chi no. Personale agonismo della traccia scelta, esibita come altro, due pagine unite tra loro, la firma in calce, speculare al filo, all’abisso, sfondo d’una scena che emerge appena. Ad ogni frase s’aggiunge un pezzo, e così all’infinito. Raccontati tagliati ritagliati cuciti ricuciti ricomposti. Chi scrive penetra disloca dissocia disunisce sfalsa interrompe narrazioni che possono svolgersi solo se tutto funziona o comincia a funzionare o ricomincia a funzionare. Si chiama forma o chiasmo di colore di cui è impossibile dire. Impossibile dire delle trame in corso, ritorte come funi. Impropria ossificazione dell’arto mutilato, dandosi per identico il taglio. Si recide dentro e fuori la linea che assorbe lo spazio. La voce dà forma ad altre mutilazioni. Tesi protesi aggressive contro una testualità piena di mondi. Osservare i due lati della linea di frattura, una teoria del ritratto, dove il ritratto è a contatto con ciò che viene inciso, la testa inclinata la mano ripiegata le dita a sostegno d’un moto minimo, d’una stasi minima, senza più ombra di cosa in sé, attivata dal limite, dallo scontro. Solo cornici o montature anch’esse parte d’un viaggio, un ritorno, identico ad un prologo, una didascalia, un altro ritratto ancora. Ancora dalla a alla fine, zu, zoo, un’ultima parola, poi.
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