due testi da “le bocche” / silvia tripodi. 2021


I fori che si allargano in ampiezza
i fori che lasciano passare la luce
riempiono le mani
le mani dei piccoli le mani piccole
le mani dei grandi le mani grandi
le dita sono impegnate nella presa
insistono sui nervi
più i fori sono larghi
più luce passa
più sono servibili alla perversione
del padrone
il padrone ha mani simili a queste
si accorge della luce
questa specie di mani forse ha le unghie
limate a filo con i polpastrelli
a filo del devo ma non posso
queste mani che passano sulle cose
mani anelastiche secondo un principio anelastico
rassicurante come il giro del cerchio
la circolarità del tallone
ogni pezzo fissato al limite dell’immobilismo
così appare più solido e potente
afferra i seni con le mani
e mostra come si ottiene un disegno
obiettivo dei fatti

*

Le mani del padrone hanno alcuni fori chiusi
per mezzo di suture
dalle quali a volte fuoriescono molte liquidità
molti pensieri destinati alle cassette di sicurezza
se sceglie la forma se sceglie di contenere un atto
strettamente collegato al taglio
all’uniformità del taglio al netto al millimetro
dai fori può passare la linea della vita
di una persona
di una persona cara
quanto basta affinché il bastone della vecchiaia
sia ben affilato
ben centrato sulla terra sulla pavimentazione
che ci sono anche dei buchi
fatti apposta per la deambulare con un bastone
con disinvoltura

Le bocche
(Zacinto edizioni, 2021, coll. Manufatti poetici)

da “totem” / silvia tripodi. 2022

La festa si è protratta per tutta la notte, hanno festeggiato l’ultimo dell’anno in diretta televisiva, hanno ballato, cantato, bevuto fino all’alba. Durante la diretta il momento più interessante è stato quando in giardino da dietro il vetro a nastro, gli inquilini hanno potuto vedere gli autori bere e ballare. Stavano festeggiando anche loro, con le mascherine in faccia, dentro una specie di stanza piena di monitor. L’effetto Guadagnino al quadrato, come dire. Gli inquilini osservavano chi li osserva, li guardavano negli occhi, quasi con gratitudine. Tommaso ha indossato di nuovo scarpe con il tacco, è lui la queen indiscussa della casa. Allora viene da pensare alla percentuale di piacere che si prova a travestirsi e ballare come a carnevale, tra quattro mura, mentre il perno che regge la casa gira vorticosamente, assorbe i colori i movimenti i fiati le risate. Il travestimento non è una risoluzione del gioco, è io mi mostro così perché mi piace perché così mi diverto, perché voglio essere dissacrante, perché vi voglio fare divertire, perché immagino chi mi sta osservando da dietro i vetri, attraverso le telecamere poste a ogni angolo della casa, perché voglio essere accondiscendente, non vi voglio deludere, perché mentre ballo con i tacchi mi state anche pagando. Mi convinco che questa è la cosa giusta, che è sacrosanto che io mi metta i tacchi e la parrucca, posso farlo, è legittimo, nella casa sono al sicuro, nessuno mi potrà mai deridere, sono me stesso ed è quello che faccio sempre durante le feste con i miei amici. E adesso mostro a tutti ciò che sono, ciò che faccio abitualmente. Questo spettacolo è questo spettacolo. Ed è realizzato e costruito attraverso dei perni. Uno di questi perni è letteralmente scomparso nel momento in cui gli autori si sono mostrati attraverso il vetro, hanno alzato i calici e hanno brindato con i coinquilini della casa.

* * *

Il corpo è tutto ciò che si possiede ed è ciò che conta. I lineamenti, il sorriso, la postura, il modo di muoversi, di camminare, la propria storia personale. Il corpo soprattutto, l’esserci, la propria identità, nome e cognome, le proprie origini. Ogni individuo è un vettore, la forza lavoro è rappresentata da sé stessi, da ciò che si è, da ciò che si è stati, da ciò che si è capaci di rappresentare, o di diventare. Da come ci si può trasformare, dal grado di duttilità, dalla capacità di trasmutarsi; e contemporaneamente da quanto si riesce a rimanere fedeli a sé stessi, conformi alla propria natura. Farsi conoscere per quello che si è, nel bene e nel male. Lo scopo è diventare popolari, ben voluti, avere dei seguaci, qualcuno che provi affetto, vicinanza, gratitudine. O essere una meteora e dopo una breve vita precipitare nell’oblio. Investire su sé stessi, dimostrare di avere talento oppure, se non si hanno talenti particolari, puntare tutto sulla personalità, sulla capacità di relazione e d’interazione, saper costruire rapporti, saper ascoltare, sapersi spendere per gli altri, raccontare sé stessi, mettersi in gioco, dare tutto. Investire sul proprio intelletto. Se non si è brillanti o non si possiede una grande intelligenza, fare leva sulla propria semplicità, sulla propria genuinità, anche l’ordinarietà ha i suoi profitti. Essere comunque e in ogni caso e circostanza, educati, garbati. Essere a tratti strateghi. O ambire a diventarlo. Se invece abbiamo di fronte una personalità istrionica: senso dell’ironia, carisma, un’intelligenza sopra la media, grande cultura, una tendenza a soffrire di una qualche forma di ansia, di una piccola nevrosi, capacità comunicative, di adattamento, sensibilità, dolcezza, ma anche forza di carattere, autorevolezza, volontà. Essere degli abili strateghi. Essere maligni, avere un’indole malvagia, essere irascibili, invidiosi, frustrati. Esteticamente non armoniosi, non un bel sorriso ma un ghigno, essere una banderuola, ambigui, poco chiari, un’intelligenza sulla media o anche al di sotto, poco intuito, affiancarsi sempre ai più forti, non fare un percorso individuale, puntare solo ai big money, non avere talento. Essere un miscuglio di tutto questo, quindi diventate vettori basici, individui indecifrabili. Essere comunque degli abili strateghi. Ottenere dei profitti da un’economia basata solo su scambi, baratti, patteggiamenti e compromessi. Infine rischiare di essere smascherati. I corpi sono avvolti nella semioscurità, in una stasis. Ogni sguardo utilizza dei supporti artificiali per fissare le immagini. La notte è il momento in cui il lavoro delle immagini acquista più valore. Se le dinamo si fermano o sono prossime allo stallo, allora le immagini sono costrette a tenere occupate piattaforme differenti, dalle quali tubi e perni non hanno la funzione di uscire, ma stanno appena sotto le superfici, senza mai mostrarsi. Può accadere che un tubo particolarmente filamentoso con una torsione troppo veloce non faccia in tempo a fermare il proprio moto e affiori dal terreno, come una radice che non trova spazio per crescere e cerca un varco. Allora si formano delle protuberanze, delle microcolline, delle piccole feritoie, segno che qualcosa è andato storto. È questo l’istante in cui possono verificarsi interferenze catastrofiche, la brusca dimenticanza delle informazioni apprese in precedenza, non appena se ne imparano delle nuove. A questo punto tutte le connessioni relative alla memoria vengono meno, allentano la presa dei nodi. L’interferenza è causata dalla sovrapposizione di nuovi pesi a quelli già esistenti che non aumentano la massa del vettore, ma esistono e si saldano per sottrazione e sostituzione. Questo meccanismo è una funzione strettamente legata all’economia delle immagini; una volta raggiunta una certa soglia, le accumulazioni vengono sostituite e non possono ulteriormente sommarsi alle precedenti. Il meccanismo rende possibile l’espansione di orizzonti contemplativi la cui ampiezza dipende dal funzionamento o meno di questa sorta di refreshing e dalla prassi della novità. Una volta rigenerate e riverberate, le rappresentazioni si sedimentano e una volta terminata la stasis, vengono processate attraverso un replay dei nodi distribuiti nello strato più nascosto, il più lontano possibile dalla superficie. È in questo strato che avviene la loro ulteriore affilatura, che viene calibrato il loro peso, attraverso il vapore in eccesso, che viene ceduto al terreno rilasciando filamenti e scarti. La luce fa poi il suo gioco. La conclusione di un ciclo solare può essere sufficiente a modificare un intero innesto di tubi, perni e filamenti. L’immagine è dunque un pattern che mantiene per osmosi il suo rapporto con il mondo.

da Totem (Tic edizioni, 2022)

gammm: scatola sonora del 5 settembre 2020 (in collaborazione con il teatroinscatola)

il file in programmazione oggi a piazza Sonnino, con audio in loop di (in ordine alfabetico):
Isacco Boldini, Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi e Gianluca Codeghini, Roberto Cavallera, Fiammetta Cirilli, Mario Corticelli, Elisa Davoglio, Niccolò Furri, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Andrea Inglese, Giulio Marzaioli, Manuel Micaletto, Renata Morresi, Vincenzo Ostuni, Adriano Padua, Andrea Raos, Giorgia Romagnoli, Jennifer Scappettone, Christophe Tarkos (tradotto e) letto da M. Zaffarano, Silvia Tripodi, Michele Zaffarano, Luca Zanini.


 

gammm: scatola sonora del 29 agosto 2020 (in collaborazione con il teatroinscatola)

il file in programmazione oggi a piazza Sonnino, con audio in loop di
Mariangela Guatteri, Manuel Micaletto, Gherardo Bortolotti, Luca Zanini, Eva Macali e Aimèe Portioli, Vincenzo Ostuni, Renata Morresi, Mario Corticelli, Andrea Inglese, Alberto D’Amico, Alessandro Broggi e Gianluca Codeghini, Jennifer Scappettone, Claudio Salvi, Giulia Felderer, Fabio Lapiana, Silvia Tripodi, Isacco Boldini, Christophe Tarkos (letto da M.Zaffarano), Giorgia Romagnoli, Niccolò Furri, Michele Zaffarano

tre prose / silvia tripodi. 2013

Zaha Hadid, “Crater”

Astrazione

Lo faccio subito, è l’evidenza il punto, non lo faccio.
Mentre lo faccio, monossido di carbonio è l’evidenza, punto.
So che non devo farlo, essendo il punto l’evidenza non più al bianco, questo, né il punto è sul bianco
lo si può fare dunque: no. Non lo si può che pensare. E pensandolo, pure messo tra l’evidenza e l’intenzione,
il punto è una traccia d’aratro che lavora un cielo. Il cielo lavorato, le nuvole arate, essendo senza punto seppur evidenti allora si continua, in questa coazione a ripetere, che è affare dei cieli, non mio. Non si continua allora.
Si continua dunque, dal basso, da un basso monocromatico: si scelga la gradazione, quella della traccia. Se gli arti soffrono il freddo, si cerchi un riparo dall’evidenza.
Lo faccio lo farò, è evidente come un punto è il punto, non lo farò. Lo sto facendo.
Si stabilisca la natura di questo struggimento -quale?- si comprenda come questa fitta muscolare sia affar nostro, mio e del punto che sa di approssimarsi
per necessità, essendo il tempo un cielo arato, senza nuvole. La coazione non è finita e specie nei mesi invernali, si lavora lassù, assai, a gran forza masse e masse di bianco vengono spostate da un cardine all’altro senza punto al bianco dell’evidenza che.
Dovreste voi -i punti tutti- portarmi offerte, se volete che io vi salvi dall’evidenza dell’intenzione, se volete.
Per incalzare il cammino del bolo che durante la notte ha riposato nelle pieghe dell’intestino, compiendo
l’intenzione l’evidenza
punto.
Lo faccio adesso, tra una decina di minuti, ora, non lo sto facendo. Lo si faccia e
mentre lo faccio, lavorano di fuori, battono con il martello un ferro, costruiscono dei punti alla mia evidenza.
Nell’ora del martirio del pezzo a ferro e fuoco, perfettibile, come lo strascico di un sogno non trattenuto, questo
né il punto è sul bianco, lo si può considerare un cielo notturno lavorato, arato fino all’evidenza di una dissolvenza, al passo-uno dell’ingegno.
Si continua dunque, si cerchi un rifugio da questa santità miracolosa del bolo che fuoriesce dagli occhi, gli si domandi se per tutto il giorno dovrò muovermi con questa materia che cola dalle orbite, rigandomi il volto

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