un’idea di crisi, #2 / giovanni duminuco. 2012


più o meno per errore, attraverso un elevato numero di eventi verificatisi in questi ultimi anni: un soffio pesante, una moltitudine di voci bianche: troppo sguaiato quel gloria: corpi inconsapevoli disposti a semicerchio: quegli alberi, quelle voci: seguire le dinamiche del vento: capire che a volte, la velocità di perturbazione risulta essere di entità nettamente inferiore rispetto alle pressurizzazioni riproposte secondo logiche circolari: si tratta, per lo più, di un’idea di morte che viene mostrata ma non affrontata: in tal senso, per essere del tutto tranquilli, bisogna abbandonare un punto di riferimento ineludibile, e in altri casi solo ed esclusivamente una visione del mondo in grado di svelare una morale dell’esplosione: vulnerabile, appunto: tenere a portata di mano una fedele riproduzione scritta di tutto ciò che accade, comprese le visioni che dissolvono nel nero: quelle, poi: con la penna tra i denti: una modalità di espressione di fondamentali categorie dell’esistente, supportata da una vera e propria ossessione per i dettagli: l’esistenza di un’altra dimensione, un’esplosione verticale, durante la quale si profila la necessità di un mutamento di paradigma cui viene solitamente attribuita un’importanza finalizzata alla realizzazione di un inscindibile rapporto mente-mondo: è così che funziona, il più delle volte: l’illusorietà del mondo che si svela in una non manifesta struttura narrativa, la linearità che, in ogni modo, non sembra affatto rispecchiare il fluire delle percezioni, l’esistente come quiddità: la dinamica dell’esplosione, il movimento di particelle, soprattutto quelle di ridotte dimensioni: quelle parole, in qualche modo: i presupposti teorici di fronte all’impossibilità di replicare, oserei dire: come esplorare l’interno di una scatola estremamente fragile: la vicissitudine di una totalità ricercata sulla punta delle dita, nei frammenti di ossa: quando all’improvviso, ad occhi socchiusi, negli occhiali da sole neri, in fila indiana: in tre, almeno sembra, in riva al mare: le tonalità del grigio e del viola intenso: è noto, però: non accadde nulla di irreparabile, se si pensa che i partiti della cosiddetta seconda repubblica, collocabili in aree geografiche anche piuttosto vaste, non abbiano minimamente influito sulle divisioni intestine ai partiti stessi, con il comune obiettivo di spazzare via non solo un’idea tradizionale di politica legata ad una concezione di stato democratico, esigendo il gelo con tutte le altre rendite: da qui, l’amarezza, seppure contenuta attraverso l’utilizzo di un linguaggio considerato avverso a una logica comunicativa di tipo uno-a-molti, nell’ambito di una ricerca cosciente all’interno di una classe dirigente in grado di soddisfare gli interessi del popolo, abbandonando quindi l’idea dalla quale si era partiti, per passare, in tal modo, forse a causa del freddo o della disidratazione, ad elencare le possibili cause di un rispetto reciproco di ideali spesso condivisi, una concezione che trova il proprio fondamento in un’ipotesi nichilistica senz’altro valida: addossati alle mura, in gran parte macchiate dalla ruggine, rifuggire quindi il senso del dolore: nella mischia, a denti stretti, contro il muro: non è un bene che accadano queste cose, direbbe qualcuno: bisogna senz’altro aprire un valico per osservare l’interno buio dell’occhio: la nullità di qualsiasi avvenimento, il nome della verità svelato senza lasciare alcun segno: una sensazione interiore: il marmo di una copia imperfetta: una crisi strutturale: il sostegno all’impresa: una metamorfosi che si impone quale strumento necessario di un divenire diversificato, senza lasciare dubbi sulle sorti future delle dinamiche suddette: binari a scartamento ridotto: una libertà che non si può nominare, se non in vista di un nuovo inizio che in genere trova una piena corrispondenza in una critica radicale in grado di sottrarre l’uomo alla politicizzazione della carne: l’ethos temporale di una manifestazione ulteriore legata alla premessa fondamentale di uno svelamento della sostanza: le forme dell’architettura interna tra il corpo e la tradizione di uno spaesamento vissuto sulla carne, dall’inizio alla fine: quale sillaba, poi: un movimento simultaneo del capo, lo specchio di una rappresentazione ulteriore: un divenire molteplice, anzitutto: in ultima analisi, è il sentire stesso, nel passaggio dall’epistemologico all’ontologico, rispetto alla composizione del campione: la lingua, il limite di una comprensione ulteriore: riprendere il discorso da dove: è quello, poi: senz’altro, il tempo: un abbaglio: giusto il tempo di: una replica ulteriore, per rifuggire il senso delle cose: ridare un senso alla parola: un lungo abbraccio: il corpo e la quiete: la tenebra che inghiotte il vento: a denti stretti: eccome: uno stato di conservazione e manutenzione necessario affinché non possa prevalere un’idea di assoluto male metafisico, attraverso il rafforzamento di un disagio esistenziale preesistente per il quale il ricordo non è più una costante immutabile: uno spaesamento ironico, direbbero: la pretesa di infondere una verità ulteriore che possa oltrepassare il già dato: una questione di fondamentale interesse nell’ambito dell’isolamento concettuale cui siamo abituati: la modalità peculiare in cui la verità accade, svincolata dalla produzione, in riferimento al sapere, la necessità di una critica globale nei confronti di un compimento imprevedibile, in riferimento alla conoscenza ultima della cose: contestualmente a quanto espresso, appare evidente che una sussistenza di tale tipo diviene di per sé impensabile, se inserita in un ambito circoscritto e mentalmente prefigurato: le grida e tutto il resto: la necessità dell’assenza, in quanto consistenza: la domanda sull’origine: occasionali errori di ortografia: una modalità alternativa del manifestarsi della carne nel suo insieme: quelle grida e tutto il resto, i vicini spaventati dai cani ringhiosi: una luce accecante, da stringere gli occhi: una condizione certamente sussistente, ma in fuga: bussare alla porta e attendere il tempo necessario perché qualcuno venga ad aprire: almeno questo: è un fatto, in qualche modo: l’esistente in quanto tale, oggetto d’una ricerca, nel tentativo di ribadire il medesimo scopo: il volgersi della necessità nella più alta necessità dell’assenza di necessità: una verità imbarazzante: la caduta dell’esserci al livello delle cose: può sembrare assurdo, se non addirittura mostruoso, convivere con tale errore: un uso parsimonioso dei concetti sulle dinamiche esistenziali o piuttosto la possibilità di scorgere sul volto dell’altro una traccia di umanità: la notte: un vizio di forma: dai bosoni fantasma alle curve temporali chiuse: una sorta di illusione soggettiva, come spesso accade: nientemeno che una precisazione sull’andamento delle azioni nei confronti di prospettive di crescita alquanto auspicabili: una rappresentazione in grado di confermare l’inversione di tendenza: immagini logore: nient’altro che buio, tutt’attorno: