da: l’innominabile / samuel beckett. 1949-1950. I

Che si tratti di una questione di parole, di voci, non bisogna dimenticarlo, bisogna cercare di non dimenticarlo del tutto, si tratta di una cosa che dev’essere detta, da loro, da me, non è chiaro, c’è da chiedersi se tutto questo guazzabuglio di vita e di morte non sia per loro perfettamente estraneo quanto lo è per me. Il fatto è che non sanno più a che punto sono loro, a che punto sono io, io non l’ho mai saputo, sono al punto in cui sono sempre stato, non so dove esso sia, e ignoro a cosa si riferisca l’essere a un certo punto, a un processo qualsiasi nel quale sarei coinvolto o al quale non mi sarei ancora accinto, io non sono a nessun punto, è questo che li tormenta, vogliono che a qualche punto sia, non importa quale, se potessero smetterla di raziocinare, su di loro, su di me, sullo scopo da conseguire, e semplicemente continuare, dato che questo bisogna farlo, fino all’esaurimento, no, nemmeno, semplicemente continuare, senza l’illusione di aver cominciato un giorno, di poter un giorno concludere, ma è troppo difficile, troppo difficile, privo di scopo, non vagheggiare una fine, una ragione d’essere, un tempo in cui non si esisteva. È anche difficile non dimenticare, nella propria sete di qualcosa da fare, per non averlo più da fare, per avere questo da fare in meno, che non c’è niente da fare, niente di fattibile da fare. È anche inutile, nella sete, nella fame, no, non c’è bisogno della fame, basta la sete, nella sete, inutile raccontarsi delle storie, per passare il tempo, le storie non fanno passare il tempo, non c’è niente che lo faccia passare, non fa niente, è così, ci si deve raccontare delle storie, poi ci si racconta qualsiasi cosa, dicendo, Queste non sono più delle storie, mentre sono sempre delle storie, o se si preferisce non ci sono mai state delle storie, si è sempre trattato di cose qualsiasi, ci si sono sempre raccontate cose qualsiasi, per quanto lontano si possa andare con la memoria, no, ancora un po’ più lontano, non ci si ricorda niente, sempre una cosa qualsiasi, sempre la stessa cosa, per passare il tempo, poi, dato che il tempo non passa, per niente, nella sete, volendosi fermare, non potendosi fermare, cercando il perché, perché questo bisogno di parlare, questo bisogno di fermarsi, quest’impossibilità di fermarsi, trovando il perché, non trovandolo più, ritrovandolo, non ritrovandolo più, non cercando più, cercando ancora, non trovando niente, trovando finalmente, non trovando più, sempre parlando, sempre assetati, sempre cercando, non cercando più, sempre parlando, cercando ancora, chiedendosi cosa, di cosa si tratta, cercando cosa si cerca, gridando Ah sì, sospirando Ma no, gemendo Basta, esclamando Non ancora, cercando sempre, perdendo la bussola, cercando la bussola, raccontando sempre una cosa qualsiasi, cercando ancora una cosa qualsiasi, nella sete di non si sa più cosa, ah sì, di qualcosa da fare, ma no, non c’è più niente da fare, da quando, da sempre, e allora basta, a meno che, non si sa mai, cerchiamo da quella parte, ancora uno sforzo, cerchiamo cosa, è vero, studiamoci di sapere, prima di cercare, che cosa si cerca, prima di cercare da quella parte, da che parte, sempre parlando, sempre cercando, dentro di sé, fuori di sé, non cercando più, perdendo la bussola, maledicendo Dio, non maledicendolo più, non facendocela più, facendocela ancora, cercando sempre, nella natura, nell’intelletto, senza saper cosa, senza saper dove, dov’è la natura, dov’è l’intelletto, cos’è che si cerca, chi è che cerca, cercando chi si è, ultimo smarrimento, dove si è, cosa si fa, cosa si è fatto loro, cosa loro hanno fatto a noi, parlando sempre, dove sono gli altri, chi è che parla, non sono io a parlare, dov’è che sono io, dov’è che è, là dove sono sempre stato, dove sono gli altri, sono gli altri a parlare, è a me che parlano, è di me che parlano, li sento, io sono muto, che cosa vogliono, che cosa ho fatto loro, che cosa ho fatto a Dio, che cosa hanno fatto a Dio, che cosa ci ha fatto Dio, non ci ha fatto niente, non gli abbiamo fatto niente, non possiamo fargli niente, lui non può fare niente a noi, noi siamo innocenti, lui è innocente, non è colpa di nessuno, questo stato di cose, quale stato di cose, è così, così sia e, sta’ tranquillo, così sarà, cos’è che sarà così, così come, parlando sempre, nella sete, perdendo la bussola, cercando sempre, non cercando più, cercando ancora, cos’è che vogliono, che io sia questo, che io sia quello, che gridi, che mi muova, che esca di qui, che nasca, che muoia, che ascolti, io ascolto, non basta, che comprenda, mi sforzo, non riesco, non mi sforzo, non riesco a sforzarmi, non ne posso più, poveretto me, loro anche, che dicano cosa vogliono, mi diano qualcosa da fare, qualcosa di fattibile per me, poveretti, non ne possono più, non sanno più che fare, mi assomigliano sempre di più, non c’è più bisogno di loro, non c’è più bisogno di nessuno, nessuno può farci niente, sono io a parlare, inutile raccontarsi storie, nella sete, nella fame, nel gelo, nella fornace, non si sente niente, com’è curioso, non ci si sente una bocca, non si sente più la bocca, non c’è più bisogno di una bocca, le parole sono ovunque, dentro di me, fuori di me, questa poi, un momento fa non avevo spessore, le sento, non c’è bisogno di sentirle, non c’è bisogno di una testa, impossibile fermarle, impossibile fermarsi, io sono di parole, sono fatto di parole, delle parole degli altri, quali altri, e anche il posto, l’aria, i muri, il pavimento, il soffitto, di parole, tutto l’universo è qui, con me, io sono l’aria, i muri, il murato vivo, tutto cede, s’apre, va alla deriva, rifluisce, sono dei fiocchi, io sono tutti questi fiocchi, che s’incrociano, s’uniscono, si separano, dovunque vada mi ritrovo, mi abbandono, vado verso di me, vengo via da me, mai altro che me, che un frammento di me, riconquistato, perduto, mancato, delle parole, io sono tutte queste parole, tutte queste estraneità, questa polvere verbale senza un fondo su cui posarsi, senza un cielo in cui dissolversi, che si incontrano per dire, si sfuggono per dire che io sono tutte loro, quelle che si uniscono, quelle che si dividono, quelle che si ignorano, e nient’altro, sì, tutt’altro, che io sono tutt’altra cosa, una cosa muta, in un luogo duro, vuoto, chiuso, asciutto, netto, nero, dove non si muove nulla, non si parla per nulla, e che io ascolto, e sento, e cerco, come una bestia nata in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate in gabbia da bestie nate e morte in gabbia nate e morte in gabbia da bestie nate in gabbia morte in gabbia nate e morte nate e morte in gabbia in gabbia nate e poi morte nate e poi morte, come una bestia dico, dicono, una bestia così, che cerco, come una bestia di questo genere, con i miei poveri mezzi, una bestia così, che della sua specie non ha più che la paura, la rabbia, no, la rabbia è finita, solo la paura, null’altro di tutto ciò che ha ereditato se non la paura, centuplicata, la paura dell’ombra, no, è cieca, è nata cieca, del rumore, se si vuole, occorre pure volerlo, occorre pure qualcosa, è un peccato, è così, paura del rumore, paura dei rumori, rumori di bestie, rumori di uomini, rumori del giorno e della notte, basta questo, paura dei rumori, di tutti i rumori, più o meno, più o meno paura, tutti i rumori, non ce n’è che uno, uno solo, continuo, giorno e notte, e cos’è, sono dei passi che vanno e vengono, sono delle voci che parlano per un momento, sono dei corpi che si aprono un varco, è l’aria, sono le cose, è l’aria tra le cose, basta questo, che cerco come lei, no, non come lei, come me, nella mia maniera, ma che dico, nel mio stile, che cerco, e cosa cerco adesso, cerco cosa cerco, cerco che cos’è, dev’essere così, non può essere che così, che cos’è, che cosa può essere, che cosa può mai essere, cosa, quello che cerco, no, quello che sento, mi torna in m
ente, mi torna in mente tutto quanto, io cerco, sento dire che io cerco cosa mai possa essere, quello che sento, mi torna in mente, e da dove possa mai pervenire fino a me, dato che qui tutto tace e i muri sono spessi, e come faccio, senza sentirmi un orecchio, senza sentirmi una testa, né un corpo, né un’anima, come faccio, a far cosa, ma a non far nulla, come faccio, non è chiaro, vuoi dite che non è chiaro, gli manca qualcosa, per essere chiaro, cercherò, cercherò quello che manca, perché tutto sia chiaro, son sempre in ballo a cercar qualcosa, è seccante, alla lunga, e non siamo che agli inizi, come faccio, a far cosa, a far che tutto sia chiaro, come faccio, in queste condizioni, a fare quello che faccio, e cioè, cosa faccio, bisogna trovare cosa faccio, ditemi cosa faccio, e io domanderò com’è possibile

[da L’Innominabile, in Samuel Beckett, Trilogia. Molloy, Malone muore, L’Innominabile;
traduzione e cura di Aldo Tagliaferri, Einaudi, Torino 1996]