da "ascoltare il silenzio" / paolo valesio. 1986

 

libri.jpg

L’ontologia regionale della retorica è, in termini concisi, la seguente:

Ogni discorso considerato nel suo aspetto funzionale è fondato su di un insieme relativamente limitato di meccanismi – la cui struttura resta essenzialmente la stessa da testo a testo, da lingua a lingua, da periodo storico a periodo storico – un insieme che riduce ogni scelta referenziale a una scelta formale.

In ogni forma di comportamento che coivolge la lingua umana […] il problema non è mai – almeno, non mai primariamente e direttamente – quello di indicare referenti nel mondo “reale”, di distinguere il vero dal falso, il diritto dal torto, il bello dal brutto, e così via. La scelta è solo: quali meccanismi impiegare; e questi meccanismi condizionano ogni discorso in quanto essi costituiscono rappresentazioni semplificate della realtà, inevitabilmente e intrinsecamente piegate in una direzione partigiana. Tali meccanismi sembrano essere gnoseologici  (tanto più, quanto più raffinato e bene organizzato è il discorso di cui essi fanno parte), ma in realtà sono eristici: essi cioè danno una connotazione positiva o negativa all’immagine dell’entità che descrivono, nel momento stesso in cui cominciano a descriverla.

La retorica è l’intera dimensione funzionale del discorso umano.

La retorica è la politica del discorso.

I discorsi che affettano una piana e candida opposizione ad ogni ornamento retorico [sono] in sé stessi una sottile – in effetti, subdola – forma di retorica. […] Una volta che sia strappato il velo dell’ideologia, si vede che la struttura retorica costituisce i nervi e l’ossatura del testo: è, propriamente, la sua biologia.

La struttura retorica costituisce la vera politica del testo – la sola specie di politica che sia davvero pertinente alla interpretazione di esso; poichè l’altra specie – la politica dei rapporti esteriori tra il testo come messaggio e il suo sfondo sociale, quella “realtà dei tempi” che lo storicismo nelle sue varie forme ama evocare – è troppo inquinata dalla ideologia.

Uno studio della retorica dell’antiretorica […] ha un’importanza strategica per la teoria della retorica.

La retorica è coestensiva con il discorso dell’uomo, ed è impossibile parlare senza fare della retorica così come è impossibile vivere senza respirare.

Identificare l’ontologia regionale della retorica significa […] abbandonare la semplicistica posizione secondo la quale tutto ciò che non è retorica è logica, ed è retorica tutto quello che non è logica. […] Il vero “nemico” della retorica non [è] la logica, ma l’ideologia. […] Ogni ideologia presume che, mentre la verità e gli altri valori fondamentali (bontà, bellezza, ecc.) sono di natura non-linguistica, essi possano tuttavia essere adeguatamente espressi dalla lingua umana, se essa viene usata in maniera corretta. Sorgono, come si può facilmente comprendere, dispute sui criteri di correttezza, poichè ogni diverso sistema ideologico asserisce criteri suoi. […] La debolezza fondamentale di tutte le ideologie consiste, appunto, nel loro pretendere di usare la lingua come un veicolo neutrale – come se la lingua non fosse già “ideologizzata”, ad ogni fase o livello o aspetto in cui noi la attingiamo. Ideologizzata, si badi, non nel senso di essere in se stessa l’espressione di certe idee o ideali, ma nel senso più prosaico (e, per il ricercatore empirico, più interessante) di essere in ogni punto formata ed inflessa secondo specifiche strutture argomentative. […] La lingua non può essere usata se non in una cornice retorica, e dal momento che in questa cornice tutte le scelte sono ridotte a scelte formali, non vi è mai una vera adaequatio tra i referenti e le forme linguistiche. Ciò spiega la fondamentale rozzezza di ogni ideologia (non importa quanto essa sia formalmente raffinata); e spiega, d’altro canto, la natura per così dire ascetica di ogni analisi retorica quando essa è perseguita radicalmente e coerentemente […]. Infatti non possiamo liberarci dei presupposti ideologici senza una lotta molto dura; dunque le prime vittime di una seria analisi retorica sono, sovente, le nostre stesse credenze.

L’ideologia è retorica degradata o decaduta – retorica che non è più espressione dettagliata di strategie all’opera in discorsi specifici. In altri termini: quando la retorica viene a distaccarsi da pratiche specifiche, diviene ideologia. E quando ciò accade, la retorica perde la sua fluidità, si fa rigida, si pietrifica in ipostasi. Per esempio, quello che originariamente era un complesso di strategie di discorso viene ad essere ideologizzato come testo; quel che era un procedimento retorico (o complesso di procedimenti retorici) è ideologizzato come genere letterario; e così via.

La retorica è la struttura intrinseca del discorso, non una sua rielaborazione superficiale e accessoria, intellettualisticamente calcolata.

La retorica coincide con l’intera struttura del discorso umano nel suo aspetto funzionale.

La reale importanza dei topoi non consiste nel loro provvedere liste di accorgimenti meccanici, ma piuttosto nel fatto che essi orientano la nostra percezione ed espressione del mondo; il che significa che i tipoi, come tutte le altre componenti della struttura retorica, hanno implicazioni non solo tecniche, ma anche ontologiche.

La retorica dà accesso alla dimensione politica che ogni discorso come tale possiede – e che non ha pressocchè nulla a che fare con la semplicistica pretesa di rintracciare solo in certi discorsi il riflesso di azioni politiche, dove “politico” è assunto nel suo senso corrente e superficiale (così ristretto da divenire, in effetti, una mistificazione: ciò che il gergo corrente etichetta come “politica” è in realtà, nella maggior parte dei casi, l’una o l’altra forma di ideologia, la cui funzione è precisamente quella di proibire l’accesso alla politica). […] La retorica è la dimensione politica del discorso, sia letterario sia non-letterario. […] Il fatto è che vi è sempre politica nella letteratura, come componente intrinseca del discorso letterario – e questa politica è la retorica.

[Da: Paolo Valesio, Ascoltare il silenzio, Il Mulino, 1986. Fotografia: Emiliano Corrieri.]